La scoperta dello yoga a 16 anni su una spiaggia in Toscana con un amico francese, il libro “Imparo lo yoga” letto tutto d’un fiato in una sola notte, il viaggio in Mini negli anni 70 per conoscere finalmente André nelle Alpi della Svizzera francese e da lì l’avventura nel viaggio dello yoga che dura appassionatamente da tutta una vita, abbiamo fatto qualche domanda ad Antonio, sul suo primo maestro.
-Antonio quando hai conosciuto André?
AN: Ho conosciuto André a 16 anni quando un amico francese mi ha consigliato di leggere “j’apprend le yoga”, ricordo di aver letto quel libro tutto d’un fiato in una notte ma poi il vero incontro è stato a 24 anni quando sono partito per recarmi ad un suo seminario estivo a Moléson-Village, nelle Alpi svizzere. E’ stata un’emozione enorme e una gioia enorme vedere per la prima volta il mio maestro in carne ed ossa. Al seminario c’erano circa 200 persone e per molti anni ho continuato durante le vacanze a seguire i suoi seminari.
-Il matrimonio con Françoise, i seminari estivi e i lunghi periodi a casa Van Lysebeth, cosa ti ha principalmente colpito della vita di André?
AN: “Osservando André, un uomo instancabile e vitale, ho capito come far coincidere la trascendenza con l’immanenza. André era un uomo molto attivo nella sua vita, eppure capace di entrare in una dimensione di profonda trascendenza. Non lo avrei mai capito se avessi seguito solo le sue lezioni, ma potendo entrare nella sua quotidianità ho visto l’insegnante e l’uomo. E non mi ha mai deluso.
-Come si svolgevano le giornate di André?
AN: “La sua giornata iniziava presto al mattino con lo yoga. Si alzava alle 6.30 e andava al bagno per i lavaggi del naso, della bocca e dello stomaco. Poi tornava in camera da letto dove lui e Denise avevano uno spazio stretto e lungo da dedicare alla pratica con vista su un terrazzo incastonato sopra un tetto. Āsana, prāṇāyāma, kapālabhāti, la sua pratica durava un’ora. Poi scendeva in studio, rispondeva alle lettere, scriveva articoli e dopo un’abbondante colazione si recava in tipografia. Nel tragitto in macchina ascoltava audiocassette con cui imparava le lingue. Insieme a Denise gestiva l’Integral Yoga Institute dove insegnavano quattro volte a settimana.
-Com’era il tuo rapporto con Denise?
AN: Con Denise ho avuto sempre un ottimo rapporto, ci volevamo molto bene, seguivo le sue lezioni di prāṇāyāma, all’inizio giovanissimo un po’ distrattamente, lo ammetto, poi a mano a mano che cresceva il mio interesse per le tematiche ‘sottili’, sempre più intensamente, al punto da adottarne il metodo, è diventato lo strumento per la mia ricerca. Sono felice di aver compreso nel tempo la grandezza del suo insegnamento e la sua sensibilità. Sul prāṇāyāma è stata la persona più competente che io abbia mai incontrato. André e Denise si sono influenzati a vicenda nella vita. Erano due ricercatori sinceri e impegnati nella pratica, nello studio, e nell’insegnamento.
-Com’era la vita a casa Van Lysebeth in quegli anni?
AN: In quella casa ho conosciuto grandissimi maestri. “Maison Van Lysebeth” a Bruxelles era diventata il centro dello yoga in Europa. I più grandi guru indiani quando venivano in Europa facevano tappa a Bruxelles dai Van Lysebeth. André era in contatto con i più alti personaggi del mondo dello yoga e con tutti i discepoli dell’āśram di Sivananda: Chidananda, Satchidananda, Satyananda, Venkatesananda, Vishnudevananda, Hridayananda sono stati tutti da lui, erano amici suoi. Bastava stare a casa ed aspettare ed era sempre una persona sorprendente.
-Ricordi in particolare qualcuno di loro?
AN: “Un giorno seduto sul divano di casa di André di fronte alla più grande biblioteca di libri sullo yoga che avessi potuto sognare, mi vedo arrivare questo signore vestito di arancione con la barba lunga che mi guarda e mi saluta. Era Swami Satchidananda, lo confesso prima d’incontrarlo non sapevo chi fosse, all’epoca, se uno mi avesse chiesto chi fosse il più grande maestro di yoga del mondo, avrei risposto senza indugi André Van Lysebeth. Punto. Solo dopo ho capito la levatura e la potenza dell’incontro con Swami Satchidananda. Sempre a Bruxelles, una giornata fredda in dicembre durante il periodo natalizio ho conosciuto uno Swami che avrebbe poi passato i 100 anni d’età, uno yogi itinerante Swami Yogiraj Buha, un uomo dalla storia molto interessante. Viveva in India, era ingegnere, ma all’età del pensionamento e con i figli ormai cresciuti, aveva sentito il richiamo della vita spirituale e dopo aver chiesto il permesso alla moglie aveva lasciato tutto diventando un samnyasa errante. Senza meta a piedi, aveva attraversato l’India e il Medio Oriente, arrivato in Europa, aveva bussato alla casa di André. Non aveva una valigia, un soldo, un sacco, niente, solo l’abito che indossava. É lui che mi ha iniziato all’alimentazione vegetale. Ogni mattina io, lui e André praticavamo insieme e quando ci siamo dovuti salutare gli ho chiesto un indirizzo per poterlo contattare ma lui mi ha risposto “Non ce n’è bisogno, se dovremo rincontrarci, stai tranquillo che avverrà. Così come è avvenuto adesso: lo avevamo forse programmato? Sapevamo che ci saremmo conosciuti? Ci siamo forse dati un appuntamento?”. Ci sono rimasto molto male, lo confesso, mi è venuta la febbre a 40 per la rabbia. Poi ho capito che anche quello era stato un grande insegnamento.
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